Valeria Cavalli, un dialogo tra Torino, cinema e televisione
Articolo in collaborazione con OrlandoMagazine.it
In occasione dell’uscita nelle sale questo venerdì, 14 ottobre 2022, dell’attesissimo film “Il Colibrì” di Francesca Archibugi, abbiamo avuto modo di intervistare un volto noto torinese che ha partecipato come attrice alla realizzazione dello stesso, Valeria Cavalli.
Sin dalle prime battute la nostra intervistata si dimostra gentile e disponibile, quindi, superati i soliti convenevoli, ha inizio l’intervista, partendo proprio dalla sua città natia, Torino: “In realtà nonostante i molti anni trascorsi in questa città non mi sento particolarmente legata ad essa. Non si può nemmeno però dire che non la apprezzi: di Torino amo la calma, il verde (che pure un tempo era ben di più), le colline e l’impressione che mi dà di non cambiare mai in fondo, di conservare intatta la sua anima. Eppure, essendo spesso in viaggio per lavoro, ho finito per non conoscere più così bene la città, soprattutto i suoi locali e le nuove attività; d’altronde quando sono qui vivo una vita abbastanza ritirata, occupandomi dei miei anziani genitori e vedendo gli amici spesso a casa degli uni o degli altri. Quel che però apprezzo profondamente di Torino sono i negozi non standardizzati che ancora resistono alla furia omologatrice del XXI secolo, come ‘Vecchio Scarpone’ un vero calzolaio, che riescono a differenziare un po’ l’offerta ed offrono competenze e prodotti di qualità. Invero, anche se esco poco a mangiare fuori, mi sento di consigliare un locale in San Salvario di nome ‘Scannabue’, i suoi sapori non deludono mai. Amo molto poi spostarmi in bici e, se pure è vero che rispetto ad altre città che ho vissuto come Roma il livello della viabilità sia tutt’altro, trovo che ci sarebbe molto da fare per rendere la città più accessibile ai ciclisti”.
Chiusa quindi la parentesi su Torino è il momento di passare ad un commento sulla sua carriera tra televisione e cinema, un sogno per molti, di cui parla così: “Mi ritengo molto fortunata ad aver potuto intraprendere questo tipo di carriera, in particolare è stata un’esperienza unica ed inestimabile lavorare con registi del calibro di Tornatore, Argento e Scola, ma anche con grandissimi attori come Favino e Mastroianni. Nonostante ciò alcuni dei lavori che ho più apprezzato sono piccole produzioni low budget, come ad esempio ‘Happy Days Motel’ di Francesca Staasch, una persona squisita e dotata di grande talento, nonché di una spiccata ironia, qualità fondamentale per fare il regista. Già, perché se c’è qualcosa che certo non ho amato della mia carriera è stata la necessità di confrontarsi spesso con registi vanesi e pieni di sé, l’apice dell’egocentrismo. Senza dubbio poi va detto che c’è un abisso tra cinema e televisione, d’altronde il cinema si propone di essere un’arte, mentre la televisione semplicemente di intrattenere, imbambolando i suoi spettatori: insomma quantomeno io guardandola mi addormento sempre!
Il fatto poi di parlare fluentemente francese, mia madre è originaria del Paese dei Lumi, mi ha dato anche la possibilità di partecipare a lavori fuori dai confini nazionali, come ad esempio una produzione franco-belga su Zola, il grande maestro del realismo. Non tutte le serie televisive sono però da buttare, ad esempio penso che l’ultimo mio lavoro con Zaccaro in uscita nel 2023, che narrerà la storia di Fernanda Wittgens la prima direttrice museale donna in Italia (1940) in un contesto importante come la Pinacoteca di Brera, sia stato di eccellente qualità. D’altronde il livello del prodotto sale immensamente se si permette agli attori di provare prima di andare in scena…”
Molto più rapido invece l’excursus sui suoi hobby: “Mi chiedo talvolta come faccia la gente ad avere tanto tempo libero: io tra la cura della casa (dall’intervista traspare una notevole propensione per l’ordine ndr) ed il lavoro non riesco quasi mai a dedicarmi a svaghi, anche se quando posso amo godermi una serata di conversazione con gli amici o un bel film al cinema”.
E giunti a questo punto non si può che passare al pezzo forte, nonché l’occasione stessa dell’intervista, il suo nuovo film in uscita, corredato da un parere sul suo celeberrimo collega Pierfrancesco Favino: “’Il Colibrì’ è un progetto di grande qualità a partire dal soggetto, l’omonimo libro di Paolo Veronesi, anche se il mio giudizio si basa sui pochi scampoli che per ora ho visto e dal lavoro sul set, dato che assisterò solo giovedì alla sua Prima a Roma (il film ha comunque già riscosso un notevole successo al Festival di Toronto ndr). Una storia di amori e umanità, intrisa di riflessione, ma senza cadere nell’autocompiacimento. Per quanto riguarda Pierfrancesco non posso elogiarlo più di quanto già la critica non abbia fatto, ma è un piacere per me considerarmi una sua amica sin quando siamo stati allievi di Michael Margotta, e tutt’ora facciamo entrambi parte dell’Actors Center fondato da quest’ultimo. Aggiungerò solo che è dotato di tutte le qualità, non solo tecniche ma anche umane, di cui un attore dovrebbe essere provvisto, insomma una persona deliziosa con un talento eccezionale. Curiosamente per quanto riguarda questo film però non ci siamo mai visti sul set, lavorando su due archi temporali diversi dell’azione”.
L’intervista giunge poi alla conclusione con un importante appello, che sta profondamente a cuore a Valeria: “A settembre ho avuto modo di partecipare ad un mediometraggio in onore di un vecchio amico, Alessandro Cevenini, che ci ha lasciati ormai 12 anni fa, appena ventiseienne, dopo 2 anni di durissima lotta alla leucemia. Il titolo è ‘Le cose che amiamo di Ale’ e racconta di come, nonostante Alessandro fosse colpito da una forma molto grave ed acuta della malattia, tanto da debilitarlo profondamente per semplici azioni quotidiane (senza considerare gli ulteriori acciacchi dovuti alle pesantissime cure), egli abbia dedicato in quei 2 anni tutte le sue energie alla creazione del sito Beat-leukemia.org. Resosi infatti conto della pochezza delle informazioni reperibili sulla sua malattia per un comune cittadino e di tutti i problemi da ciò derivanti, ha profuso ogni suo sforzo in questa opera di divulgazione: tanto è stato il successo dell’iniziativa che ora il sito è tradotto in ben 18 lingue ed è un’istituzione per chi si trovi colpito da questa forma di cancro. Non solo, grazie ad una raccolta fondi presente sul sito è stato raccolto quasi un milione e mezzo di euro distribuito tra borse di studio e materiali per la ricerca per sconfiggere i tumori sanguigni. Il copione del film a mio parere è molto bello ed efficace ed è un grande attore come Francesco Riva ad interpretare il nostro Alessandro, mentre io ho contribuito recitando la parte della madre del ragazzo. Il mio ultimo appello è quello di donare midollo osseo, cosa ben diversa dalla donazione di midollo spinale che richiede l’intervento chirurgico, possibilmente all’ADMO (Associazione Donatori di Midollo Osseo), un gesto importante quanto donare il sangue, ma troppo spesso trascurato, nonostante non sia certo più fastidioso”.
Davide Cuneo