Il duomo di Torino, un unicum in città
Tra le molte chiese e gli splendidi palazzi barocchi che Torino offre ai suoi visitatori spesso il nostro duomo finisce per passare in secondo piano, anche a causa della sua scarsa monumentalità, ma non bisogna dimenticare che, essendo il luogo dove è conservata la Sacra Sindone, una delle più riverite reliquie cristiane, questa chiesa è tra le più importanti al mondo.
Le origini della cattedrale metropolitana di San Giovanni Battista, questo il nome ufficiale del luogo di culto, risalgono al periodo paleocristiano, quando al suo posto si ergevano ben tre diverse chiese di cui una dedicata, forse ad opera della regina longobarda Teodolinda che gli era particolarmente devota, appunto a San Giovanni Battista.
Questo complesso di chiese resistette fino all’ultimo decennio del XV secolo con gli ovvi restauri ed aggiunte, come quella della torre campanaria dedicata a Sant’Andrea tutt’oggi visibile, quando Bianca di Monferrato, reggente di Casa Savoia, ne impose la demolizione per permettere la costruzione di un edificio di culto più degno del prestigio della città; fu lei stessa nel 1491 a posare la simbolica prima pietra.
I lavori per l’edificazione di quella che sarebbe divenuta una cattedrale vennero affidati ad Amedeo de Francisco da Settignano, noto anche come Meo del Caprino, che li portò avanti fino alla sua morte sopraggiunta nel 1501. Non è tuttavia noto se il progetto fosse stato elaborato da lui stesso o, come altri ipotizzano, da Baccio Pontelli.
Nel 1505 i lavori giunsero al termine e venne celebrata la prima messa all’interno della nuova chiesa dedicata a San Giovanni che appena 10 anni dopo verrà elevata da Papa Leone X a sede metropolitana, assurgendo quindi al suo attuale status.
Nel 1578 per ordine del duca Emanuele Filiberto, uno dei più grandi condottieri di casa Savoia, avviene l’evento più importante nella storia dell’edificio, infatti in seguito alla nuova centralità conferita alla città dal duca viene trasferita in questa sede in via definitiva la Sacra Sindone, ovvero il lenzuolo che avrebbe avvolto il corpo morto di Gesù dopo la crocifissione. Inutile dire che sull’effettiva storicità di questa reliquia sono stati sollevati molti dubbi, ma sarebbe ozioso discuterne in questa sede.
Quello che è certo è che dopo l’arrivo del prezioso lenzuolo, iniziò a maturare l’idea che fosse necessario un ampliamento dell’edificio per dare un luogo di riposo consono ad una reliquia di tale importanza. Ed è così che, dopo l’arenarsi dei lavori per la costruzione di una cappella del 1624, nel 1649 si approda ad un progetto, realizzato da Bernardino Quadri, allievo del Bernini e del Borromini, che però si rivelò incapace di portarlo a termine che prevedeva l’innalzamento di un edificio a base quadrata incastonato tra il palazzo ducale e l’abside della chiesa stessa. Tale edificio doveva essere rialzato di circa 6 metri per permettere ai fedeli di vedere la reliquia direttamente dal duomo.
Dopo questi due fallimenti nel 1667 il progetto venne infine affidato a Guarino Guarini, già noto per il suo lavoro nella vicina chiesa di San Lorenzo, che riprese il progetto del Quadri e, risolte alcune criticità di natura tecnica, e ridisegnò la cupola conferendole e un maggiore slancio verso l’alto e dandole l’aspetto che ha tutt’ora. I lavori ebbero termine nel 1679, pur non essendo ancora compiute le decorazioni ed alcune parti interne che verranno completate solo dopo la morte del Guarini. Toccò ad Antonio Bertola il compito di completare il tutto, con l’effettiva conclusione di tutti i cantieri nel 1694 e la collocazione in loco della Sacra Sindone.
Nella prima metà dell’Ottocento furono poi aggiunte varie statue decorative che celebrano casa Savoia.
A causa di alcune infiltrazioni d’acqua nel 1990 fu dato inizio a dei lavori di restauro che dovevano ovviare al crollo di una parte di un cornicione interno, ma nel 1997 a lavori quasi ultimati un cortocircuito portò alla propagazione di un incendio che danneggiò gravemente la struttura, anche se la Sindone fu portata in salvo grazie al tempestivo intervento dei vigili del fuoco.
Da allora sino al 2018 i ponteggi hanno caratterizzato questa cupola che solo di recente è quindi potuta tornare allo splendore originale dopo uno dei restauri più complessi ad umana memoria, costato ben 30 milioni di euro. Il restauro ha riportato anche alla luce i resti sotterranei della precedente chiesa, ora divenuta il museo diocesano di Torino.
Senz’altro il duomo rappresenta un unicum in questa città per la sua struttura tipicamente rinascimentale, diversa dagli edifici monumentali tipicamente in stile barocco o al più neoclassico, che infonde un profondo senso di eleganza e semplicità grazie all’uso del marmo bianco, tipico del periodo. Se ad un primo sguardo all’interno può sembrare profondamente austera, i settori laterali si sono arricchiti di opere di svariati artisti nel corso degli anni che contribuiscono alla sua indubbia bellezza.
Una visita dunque da non mancare quella al duomo di Torino ora che è stato finalmente riportato al suo originario splendore.
Davide Cuneo