Tra Cipro, Torino e New York: la vita di Palma di Cesnola
Non distante dal Lingotto, a Torino, sorge una piccola via dedicata a Luigi Palma di Cesnola, un personaggio senz’altro sconosciuto ai più, ma la cui storia merita di essere ricordata per il contributo che questi ha portato al Museo Archeologico della nostra città e non solo.
Luigi nacque nel 1832 a Rivarolo Canavese, a circa 30 chilometri da Torino, da un’antica e nobile famiglia piemontese e si dimostrò sin da giovane avvezzo ed affascinato dalla vita militare, tanto che già nel 1849, ad appena 17 anni, prese parte alla Prima Guerra di Indipendenza, guadagnandosi financo una promozione sul campo. La sua fortuna con l’esercito sabaudo era tuttavia destinata a mutare ben presto, infatti pur avendo raggiunto il grado di Capitano nel 1851, nel 1854 fu, con suo massimo disappunto, congedato dall’esercito in seguito a circostanze poco chiare, probabilmente riguardanti dei debiti non pagati.
Quel che non mancava a Palma di Cesnola in ogni caso era l’intraprendenza e dopo una breve parentesi nella Guerra di Crimea, viste le difficoltà a fare carriera nel Regno Sabaudo, si recò negli Stati Uniti a New York, dove si dedicò inizialmente a lavori umili e contrasse un onesto matrimonio con una donna locale. Ma la sua grande occasione, quella che ormai attendeva da 10 anni, doveva arrivare nel 1862, quando, si arruolò nell’esercito dell’Unione con il grado di Maggiore per combattere nella Guerra di Secessione Americana. Il suo non era un carattere semplice ed ebbe alcuni attriti con i suoi superiori, ma nel 1867 si guadagnò la Medaglia all’Onore ed una discreta visibilità. Dopo aver trascorso un breve periodo di prigionia, fu liberato e congedato. In seguito, attraverso un abile espediente riuscì addirittura a farsi nominare Generale dell’esercito statunitense, sostenendo che la sua promozione fosse stata decisa da Lincoln in persona pochi giorni prima della sua morte, una volontà a cui nessuno sentì di potersi opporre.
Questa nomina sarà un punto di svolta nella vita di Palma di Cesnola, infatti, raggiunto l’apice della carriera militare, ottenne di essere nominato console degli Stati Uniti a Cipro, al tempo sotto il controllo Ottomano. Lì poté dedicarsi alla sua seconda grande passione oltre all’arte militare, e forse quella che ha contribuito maggiormente a preservare il suo nome nel tempo, l’archeologia.
Cipro era stata da sempre in effetti un punto di incontro fondamentale per le varie culture del mediterraneo, soprattutto nell’antichità, e nascondeva tesori archeologici inesplorati aldilà di ogni immaginazione.
Così mentre l’Europa, e più in generale l’Occidente, scopriva la sua passione per il passato e l’archeologia, non solo classica ma anche orientalistica, Luigi Palma di Cesnola si mise al lavoro per trovare dei tesori che potessero arricchirlo e soprattutto accrescerne la fama. Non fu difficile ottenere i permessi per scavi estensivi dagli Ottomani, disinteressati a tutti i reperti che non riguardassero anche solo marginalmente l’Islam, e ben presto il nostro diplomatico riuscì a costituire una delle collezioni private di reperti tra le più imponenti al mondo, non mancando di donare molti eccezionali ritrovamenti allo Stato Sabaudo, ove non aveva rinunciato ad accrescere il suo prestigio. Più complessa risultò invece la vendita di questi inestimabili tesori: fu estremamente difficile infatti trovare un museo disposto a pagare la cospicua somma richiesta e per un certo periodo dovette accontentarsi di vendere una minima parte dei suoi rinvenimenti.
Tornato negli States tra una missione diplomatica e l’altra riuscì a trovare finalmente l’escamotage che cercava per vendere al prezzo sperato la sua collezione, infatti riuscì a farsi eleggere direttore del neo istituito MET (Metropolitan Art Museum) nel 1879 e, sfruttando il nuovo incarico, comprò (attraverso i fondi del museo ovviamente) la sua stessa collezione al prezzo da lui ritenuto opportuno, dando slancio al Museo e rendendolo tutt’ora uno dei musei più ricchi di arte cipriota. Proseguì poi la sua vita tra Cipro e gli Stati Uniti contribuendo alla catalogazione dei reperti e lavorando come diplomatico.
Alla sua morte nel 1904 egli era l’italiano più celebre degli Stati Uniti, rispettato ed amato, nonostante alcune controversie, sia per la sua carriera militare che per il suo contributo all’archeologia ed al MET: i suoi grandiosi sogni di fama e gloria, pur non nella terra natale, si erano realizzati.
Col tempo il suo nome, come quello di tutti coloro che non possono essere definiti grandissimi nelle pagine della Storia, si è offuscato e se ne è persa traccia nella memoria collettiva, ma anche nella sua Torino i segni del suo passaggio restano; infatti è proprio grazie alle sue ingenti donazioni che il Museo di Antichità di Torino dispone della collezione di reperti di matrice cipriota più imponente, dietro ovviamente alle collezioni locali, come è giusto che sia. Di recente la mostra curata da Luca Bombardieri, professore di Antichità Egee e Cipriote all’Università degli Studi di Torino, “Cipro, crocevia delle civiltà” ha messo in mostra la ricchezza del nostro patrimonio museale, non mancando di introdurre le gesta di questa fondamentale figura per il settore, mentre tutt’ora le ali del nostro Museo Archeologico di Torino e del MET dedicate alla civiltà cipriota restano il suo più grande lascito per noi e per i posteri.
Davide Cuneo